Il Simeto, il più lungo fiume della Sicilia, comprende un bacino idrografico di circa 4200 kmq, e scorre circa 130 km prima di incontrare il mare. Non abbiamo di questo fiume una vera e propria sorgente, ma un punto, il biviere di Cesarò, in cui nasce il torrente Martello, che poi si unisce ad altri due torrenti sempre provenienti dai Nebrodi, il Cutò e il Saracena, dando vita al Simeto. Le sue acque vengono poi alimentate da molti altri affluenti che non portano solo acqua, ma anche una portata solida diversa per ognuno di loro, modificando così di volta in volta le caratteristiche chimiche del fiume. Infatti le acque fin dall’inizio sono povere di sali e minerali, classificabili tra quelle oligominerali. Poi, vicino il paese di Adrano, si inserisce il Salso, contenente molto materiale in sospensione, in particolare sali (da qui il nome Salso).
L’acqua del Simeto diventa quindi particolarmente salmastra. Procedendo nel suo corso, incontra il Dittaino e il Gornalunga, che lo arricchiscono in carbonati. Il Simeto è anche il fiume più giovane della Sicilia. Infatti quasi tutta la regione si è formata nel Terziario (circa 30 milioni di anni fa), ad eccezione dell’area etnea, che non esisteva fino a mezzo milione di anni fa. Poi, per il movimento antiorario verso nord delle placche terrestri, si è avuto un innalzamento delle terre, cioè la formazione dell’Etna, e in seguito del fiume.
Un fenomeno, unico in Europa, che si verifica nel Simeto è quello delle cosiddette forre laviche. In alcuni punti cioè le colate laviche dell’Etna hanno creato dei lembi di sbarramento vulcanico. L’acqua si ferma prima di questo sbarramento formando come un lago. Intanto comincia l’attività erosiva dell’acqua, ma poiché la lava è una pietra molto dura, il risultato è la creazione di un passaggio molto stretto, con pareti subverticali, chiamato appunto forra lavica. Ne troviamo una, per esempio, presso il ponte della Cantera, vicino Bronte, mentre tra Bronte e Randazzo si è formato proprio a partire da questo fenomeno il Lago di Gurrida. Altro fenomeno particolare è quello delle marmitte dei giganti: lungo il letto del fiume si creano dei vortici che intrappolano dei ciottoli che cominciano a roteare, erodendo le rocce sottostanti, e formando appunto delle cavità cui viene dato questo strano nome.
Un paesaggio tipico di un ambiente fluviale è caratterizzato da boschi di salici, faggi, un ambiente ricchissimo di sorgente, stagni, acquitrini: il cosiddetto bosco ripariale, fatto di vegetazione legata ad ambienti umidi. Tuttavia lungo tutto il corso del fiume non troviamo affatto questo paesaggio, se non nella parte iniziale del fiume. Infatti l’uomo è pesantemente intervenuto lungo tutto il percorso creato dal fiume: il 90% del bacino è coltivato, e di questo solo il 30% con boschi; il restante 70% è seminativo. Inoltre il fiume attraversa un gran numero di paesi (per esempio, Maniace, Bronte, Adrano, Paternò, Biancavilla, Misterbianco, Motta S. Anastasia, Catania che traggono acqua dal corso del fiume: già dopo Bronte la portata d’acqua è drasticamente ridotta, e viene inquinata da antiparassitari e anticrittogamici derivati dalle colture. Conseguenza di ciò è la scomparsa del bosco ripariale, sostituito da una scarsa vegetazione che non ha alcun elemento caratteristico di un ambiente fluviale.
Non bastasse ciò, spesso il fiume è stato incanalato in letti artificiali, vere e proprie autostrade cementificate che regolano tutte le qualità di un fiume, distruggendo ovviamente la flora e la fauna caratteristica. Spesso queste costruzioni servono a convogliare l’acqua dentro un invaso, come un lago artificiale. Nel Simeto ne sono stati costruiti quattro (Ancilo, Pozzillo, Iastro e Nicoletti) per portare acqua alle coltivazioni. Il più importante, e anche il più contrastato è quello di Lentini. L’acqua viene deviata nei pressi di Paternò, e l’invaso venne costruito circa 50 ani fa per alimentare il polo industriale di Siracusa. Questa politica degli invasi però distrugge tutte le caratteristiche del fiume, e soprattutto ne diminuisce la portata solida. Infatti insieme all’acqua scorrono materiali solidi, che equilibrano nella costa la normale erosione del mare.
Si calcola che se una volta il fiume portava sei milioni di metri cubi di materiale solido, oggi ne porta solo uno. Ciò comporta il graduale avanzamento della falda marina, cioè dell’acqua salata del mare che tende a insalinare l’acqua dolce delle falde acquifere. L’aspetto forse migliore dell’opera realizzata dall’uomo sul fiume è quello che riguarda la costruzione di monumenti, come il Ponte dei Saraceni. Si trova all’interno del comune di Adrano e nonostante il suo nome, probabilmente non ha nulla in comune con gli arabi venuti in Sicilia. Comunque sappiamo poco della sua genealogia, ma molti aspetti ci fanno pensare che fu perlomeno ristrutturato nel 1300, ma sappiamo che era già presente al tempo dei romani. Si trova in un luogo in cui il Simeto forma una forra, dove quindi la sua costruzione era più facile. È costituito da quattro campate con archi a sesto acuto, e il gran numero di campate rispetto alla larghezza del fiume ci fa presupporre che una volta il letto del fiume fosse più largo.
La foce. La competenza marina del Simeto, cioè la parte in cui le acque del fiume si mescolano a quelle del mare va da Capo Mulini a Capo Santacroce, e possiamo notare in queste zone come le due acque scorrano parallele per chilometri senza mescolarsi (le acque del fiume sono di colore rossastro perché ricche di detriti). La foce vera e propria ha un’origine artificiale, che sostituisce da alcuni decenni quella naturale rettificandola. Ma poiché la portata a questo punto è davvero irrisoria, le acque si scaricano a mare a livello del subalveo, non avendo la forza di spostare i detriti portati
Flore e Fauna. Per quanto riguarda la fauna, fino ad un secolo fa la lontra abitava le zone del Simeto. Oggi però è estinta, perché necessita di un ambiente in cui l’ecosistema sia intatto. Abitano ancora queste zone invece alcuni gasteropodi, l’istrice, la volpe, il riccio, la cicogna, i fenicotteri, il cavaliere d’Italia, l’airone, lo svasso, le anatre. Per quanto riguarda la flora, rimandiamo all’erbario realizzato proprio con alcune specie trovate lungo il corso del fiume, in particolare nei pressi del Ponte dei Saraceni.